Opere d'arte e progetti di Saracino sono stati esposti in gallerie e musei di tutto il mondo. Tra le altre cose ha disegnato un Arco di trionfo temporaneo per le città di Bruxelles e Roma, che verrà costruito nel 2011; un monumento permanente per i 200 anni di Indipendenza dell'Argentina, pronto per la fine del 2010 e gli interni di una penthouse nella nuova prestigiosa costruzione di SoHo Mews a NY.
È reduce dalla realizzazione – per Eni, rielaborando il mitico cane a sei zampe di Broggini/Guzzi/Noorda - dei trofei per il Gran Premio di Budapest (Formula Uno 2010) e quello di Sachsenring (Campionato Mondiale Moto GP 2010).
Lo abbiamo raggiunto via mail mentre vola tra gli USA e Paris, per porgergli sei domande (come le zampe del cane).
D. Al tempo della metalinguistica cibernetica, in che misura il suo Trophy per Eni è un'opera che innova linguaggi?
R. «In realtà disegnando questo trofeo non mi sono chiesto di innovare un linguaggio, ma semplicemente di lavorare con il concetto di flussi energetici. La stessa energia che Eni distribuisce e che ogni giorno estraiamo dalla terra per abitare la terra. Credo che l'energia sia la sfida della nostra civiltà. Con la capacità unica umana di estrarre energia dalla terra ne viene la responsabilità di poterla rispettare».
D. Saracino e la forza simbolica della creazione. Tra l'architettura da abitare fisicamente e quella da vivere emotivamente, quale sceglie e perché?
R. «Nasce sicuramente prima la necessita di abitare fisicamente lo spazio con i nostri bisogni materiali, ma il motivo profondo per cui l'architettura cambia e si evolve insieme al nostro pensiero è grazie al nostro bisogno di abitare emotivamente lo spazio».
D. Saracino, da architetto attento alla quadridimensionalità dell'esistenza, ha lavorato alla Nuvola di Fuksas. Ci racconterebbe un aneddoto in merito all'apporto creativo dato? E poi, voci maligne dicono che è irrealizzabile (la Nuvola). Sarà vero? In tal caso, potrebbe dirsi opera d'arte contemporanea assoluta?
R. «La "Nuvola" di Fuksas è il perfetto esempio dell'architettura che viviamo emozionalmente: è leggera, non corporea, volatile ed effimera; proprio come molta della tecnologia che abbiamo costruito nella nostra età digitale. È stato interessante aver lavorato per un periodo su quel progetto. Per rispondere alla seconda parte della domanda: certo che il progetto è realizzabile!».
D. Lei, che si presenta come "Artista nella piena accezione umanistica del termine", non teme mai che la cultura generata dall'apoteosi numerica abbia un-non-so-che di non autentico? Questo perché a 34 anni si dovrebbe avere ancora una piccola parte di sé che è rimasta analogica. Che ne pensa? Quanto influisce sulla sua vita creativa questo conflitto generato dall'essere un personaggio fin de siècle (anzi, fin de millénaire)?
R. «Non lo vivo come conflitto ma come opportunità. Sono sicuramente interessato all'inaspettato che il software riesce a creare rispetto al risultato creativo, ma credo fondamentalmente alla nostra volontà che guida il processo. Considero la sofisticazione del linguaggio numerico a cui fa riferimento uno strumento che aumenta le potenzialità della nostra immaginazione, amplifica le possibilità di risolvere i problemi e visualizza e semplifica la complessità critica con cui organizziamo il nostro lifstyle».
D. E' stato recentemente incoronato tra i 25 più importanti trendsetters mondiali dal New York's Artnews Magazine. Ci saprebbe fornire un elenco di 6 (come le zampe del cane) personalità italiane under 35 da tener assolutissimamente d'occhio?
R. «In realtà vivendo da anni all'estero, potrei rispondere con l'esempio di altri giovani italiani all'estero che conosco, che stimo e che secondo me si distinguono ogni giorno per il loro genio creativo: Sandro Sechi a New York, ex assistente di Oriana Fallaci e scrittore; Benedetta Pignatelli a Las Vegas, giornalista e fotografa geniale; Chiara Carazza a Bruxelles, pianificatore di eventi culturali internazionali; Ilaria Zippilli a Parigi, architetto che stimo molto; Raffaele Passerini a New York, regista molto sensibile e intelligente; Silvia Gravina a New York, genetista di successo che lavora nei laboratori dell'Albert Einstein».
D. Saracino, un meridionale alla conquista del mondo. Quanto (e in che modo) l'origine geografica costituisce un carburante per la sua Impresa?
R. «L'origine geografica è un ottima base. Il sud Italia e la mia famiglia mi hanno fatto il regalo più grande: la tenacia».
FONTE: Il Sole24ORE




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