La fase creativa precedente quella odierna ha visto Maurizio Milanesio ingaggiare una vera e propria lotta con le pulsioni negative del proprio essere, restituite in immagini dove la "nigredo", il male, l'odio trasfiguravano spesso l'umano in un che di satanico.
La costante duplicità della psiche si è rivolta, oggi, in lui, a sensazioni e moti dell'animo più luminosi e chiari, una "albedo" in antitesi al trascorso momento.
La fotografia, in questo autore, ha ormai del tutto valicato, senza peraltro annullarne la profonda valenza immateriale, il medium tradizionale in virtù di un accanito lavoro di analisi tecnica e psicologica.
Lo storico carattere iconografico ne è uscito trasfigurato e condotto su differenti vie, quelle dell'immaginario puro.
Ecco allora giungere a noi figure quasi evanescenti, chiarori inattesi e uno stato di grazia paragonabile all'uscita da un lungo tunnel.
Strana magia, quella fotografica, ben individuata da Roland Barthes al di là di ogni condizione storica: "… in sé la foto non è affatto animata […] però essa mi anima: e questo è appunto ciò che fa ogni avventura".
Ida Isoardi





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