Fin dall’inizio del mio percorso artistico, ho sempre lavorato, con la spinta ad approfondire la conoscenza del mondo che mi circonda; tra il desiderio di catturare l’essenza del “reale” e la sensazione che la realtà fosse del tutto imprendibile. Ogni volta che ho creduto di trovare il bandolo della matassa ho avvertito anche la difficoltà di rimanere ancorata a posizioni concettuali che conservassero la loro forma nel tempo. Penso che le persone si muovano sempre sulla scia del loro rapporto con la vita e che gli artisti non facciano eccezione, se non per il fatto che affrontano il problema del “reale” sul terreno dell’arte; perciò ho fatto una grande fatica a riconoscere gli “ismi” e, ancor più, a riconoscermi in uno di questi ma, come negare le differenze tra i diversi modi d’interpretare il mondo?
In partenza ho cercato di accettare il pre-giudizio che esistesse una realtà distinta dalla fantasia; un Realismo distinto dal un Surrealismo ma, con il tempo, questa posizione mi è sembrata sempre più assurda. Il modo di esprimere l’arte muta quando cambia il modo d’intendere la realtà, il concetto di “reale”. Così quello che noi oggi chiamiamo "surrealismo" non è estraneo alla scoperta che la vita onirica, il sentimento , la passione e le emozioni, fanno parte della realtà e la modificano non meno di una strada, un palazzo o la scoperta di un farmaco miracoloso. Una distinzione tra reale ed immaginario porta con sè una distinzione tra natura, il reale, e cultura, ossia l’immaginazione creativa al servizio della sua trasformazione; esiste invece un dialogo profondo e bidirezionale tra “reale” ed “immaginario”, che costruisce il mondo e lo trasforma continuamente, in una metamorfosi senza fine.
Natura e cultura non si possono separare!
All’inizio del nuovo millennio ho scritto, come introduzione di una mostra intorno alla pipa di Magritte - diventata per qualche tempo il centro unico delle mie riflessioni - una filastrocca che riconosco ancora una buona sintesi del mio rapporto con il mondo.
“io sono un postmodermo
molto d’estate… poco d’inverno
divento concettuale
se mi ferisci, se mi fai male
penso i pensieri blu, rossa la carne
credo nell’arte, ma solo in parte
io sono un postrealista
mentre ti guardo… ti perdo di vista”
Da quel momento sono stata ossessionata dalla determinazione di costruire un oggetto che fosse, di per sé, anche un concetto; mi si è rivelato qualche anno dopo, sotto forma di un’immagine arrotolata in un piccolo cono il cui movimento spiraliforme mi permetteva anche di agganciare la realtà con il tempo: avevo trovato il mio Con(cetto-ogg)etto!
Oggi penso che la realtà sia un’entità molto sfuggente, poco significativa al di fuori di uno spazio e di un tempo definiti, al di fuori di una relazione. Ecco perché ho pensato di poter intendere le mie installazioni in un modo ancora più libero: posso costruire oggetti che si adattano allo spazio a disposizione, che contengono indifferentemente materie di produzione umana e naturali, come le radiografie e i legni, in questo caso. Penso che lo stesso oggetto/opera possa cambiare funzione e significato non solo per i materiali e le forme che lo costituiscono ma anche per il contesto nel quale s’inserisce e la relazione che si stabilisce tra l’oggetto, l’ambiente che lo ospita e lo spettatore che lo guarda.
Così ho pensato a questo work in progress che mi piace chiamare Il richiamo della foresta, mutuando il titolo del famoso romanzo di Jack London; una popolazione di oggetti trasferiti dai miei pensieri nel mondo visibile – costruiti con le pellicole radiografiche, il mio materiale preferito, i rami di noce, il mio albero preferito, con le forme del bosco, il mio luogo preferito – con i quali si può giocare facendo assumere loro identità fiabesche, immaginando che vivano, si muovano e compiano delle azioni.
Come fanno i bambini, anch’io posso cambiarli di nome di ruolo, attribuire loro dei poteri o sottrarglieli, annoverarli tra i buoni o i cattivi, metterli insieme o separarli, farli andare d’accordo o metterli in conflitto. Così un cavaliere, quando ne incontra un secondo, può mettere in scena un duello e quando ne incontra un terzo può smettere di essere un cavaliere per diventare un mostro con tre teste e la strega può deporre la sua mela velenosa ed assumere l’identità di un innocuo cagnolino da compagnia. In questa mostra, Cenerentola può scegliere tra un principe troppo azzurro e un principe senza terra, la strega può dedicarsi all’addestramento dell’apprendista stregone e il giullare di corte burlarsi degli elfi, facendo attenzione agli elfi deviati, che sono davvero poco raccomandabili.
Se poi, vi paresse di aver visto, sulla spalla di un cavaliere, un piccolo conetto rosso di velluto, vorrebbe dire che Cappuccetto Rosso è passato di lì.
Ogni riferimento a fatti e personaggi realmente esistenti è puramente voluto.
Margherita Levo Rosenberg, Genova, ottobre 2014
die kunstgalerie
St.-Apernstraße 20, 50667 Köln
MARGHERITA LEVO ROSENBERG
THE CALL OF THE WILD
Contemporary Art Exhibition
Opening
Thu, October 23rd, 2014
5 pm - 10 pm
at the
Modern and Contemporary Art Fair
koelnmesse, Hall 1 and 2
Messeplatz 1
50679 Cologne Deutz



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