“è un petalo la tua memoria
che si adagia sul cuore
e lo sconvolge.”
Alda Merini
Le parole pronunciate sono come i fiori di un albero da frutto: si preparano e poi sbocciano in un’esplosione di bellezza, tanto incontenibile quanto fugace, per cominciare a fluttuare verso il centro della terra, spinti da una forza di gravità rigorosa ed incontenibile ed accompagnati da un vento coreografo, per adagiarsi sulla terra come un manto elegante di coriandoli. Sull’albero resta un vuoto apparente, che verrà sostituito da un frutto, presto gustoso e maturo: la necessità che si sostituisce alla bellezza, senza tradirla.
Alcuni esseri sono alberi selvatici, mentre altri sono peschi e ciliegi: magnifici prima e deliziosi poi; Alessandra Baldoni, fotografa e story-teller, pone al centro della sua ricerca artistica la parola, sia essa dichiarata nel titolo o in qualche altro canale di magia e fascinazione. Il più delle volte la si trova a mazzolini, semplicemente sussurrata in immagini ferme e poetiche, carpite tramite un terzo occhio capace, grazie al talento sensibile dell’artista, di sciogliere il proprio spirito meccanico in poesia. Così la parola sboccia ovunque, anche dove non la si sente e invece di restare eternamente sospesa, si stacca ed inizia a fluttuare nel vento, lasciando di sé solo una sindone che si concretizzerà in un frutto polposo, maturato nell’osservatore.
Il progetto dei diari è intenso ed originale; arte allo stato puro che si frange come un’onda contro chi osserva più che chi compie il gesto iniziale: Alessandra ruba gli occhi, che però restano al loro posto, attraverso le parole pronunciate o pensate di chi osserva. La sua arte alchemica coinvolge i sensi, in maniera irrefrenabile, creando sempre spettatori attivi. Dinanzi alle sue opere è impossibile non chiedersi un perché; ciò che si scopre non è una verità univoca ed universale, ma intima e personale. Alessandra Baldoni, col progetto “Ti rubo gli occhi” si pone, per sua stessa ammissione, come un viandante su di una rotta, un pellegrino assetato di sguardi altrui e di altrui emozioni, che si palesano nella libertà indefinibile delle pagine di un diario, strumento archetipico e poetico, luogo di ascolto e di incontro fra i più potenti ed antichi. Le sue pagine bianche sono accoglienti più di qualunque ascoltatore perché ognuna di essa si sovrappone al sé che così non può tirarsi indietro rispetto alla confessione della verità, anche se ardente. Sulle pagine del diario, coloro che sono stati visitati dalla grazia intellettuale dell’artista, hanno riposto i propri pensieri, sono stati invitati alla libertà dalla non identità, dall’assenza di regole e freni che non siano il tempo.
Ad aprire le danze un’immagine, un accenno di principio, che segni l’avvio del tragitto cosparso di petali che si rifanno nuovi ad ogni nuovo orizzonte che si dichiari lungo il cammino imperterrito, che attraversa anomalie e banalità vitali, creando un legame immediato, sottile ma indistruttibile, con i ricordi personali e il vissuto di ognuno. Poi, a seguire, 30 giorni fra solitudini e condivisioni, fretta ed i inerzia, minuti, ore e fatti, insomma vita. La vita più importante, quella quotidiana, che si ritrova, attraverso questa operazione delicata ed intensa, ad essere sottolineata, per una volta non lasciata scorrere come fosse acqua qualunque.
Ogni azione artistica di Alessandra Baldoni va ricercata ben oltre all’immagine fisica, ma anche al di là dell’itinerario stesso creato dall’idea di performance, che non avrebbe nessun senso se presentata in maniera canonica attraverso una documentazione del gesto. Ogni lavoro rappresenta un rituale complesso, che indica una direzione che si fa immediatamente privata, la cui originalità risiede proprio nell’essere lontano da qualunque giudizio o idea preconcetta che appartenga tanto all’autore fisico, quanto a quello poetico.
Ogni opera diventa di chi osserva.
Chi osserva viene risucchiato in un turbine di eventi attraverso le esperienze altrui, palesate tramite parole altrui, ritagli, cartoline e frammenti di sogno e di realtà, di cui non è importante conoscere l’autore. Attraversare un diario è come fare un viaggio libero, in un paese mai visitato, in cui invece di correre dietro ad un Bianconiglio stressato dal tempo ed altri pensieri, si sia scelta la direzione seguendo un morbido sentiero di candidi petali di ciliegio: si attraverseranno radure e spiazzi, boschi e vallate, città dagli alti palazzi, si incontreranno uomini, animali e altre stramberie, viaggiando con l’unico scopo di viaggiare, senza pericolo né minaccia alcuna alla scoperta degli altri e dell’altro da sé. Il segreto sarà l’osservazione che porta all’esperienza, conquistata attraverso la fiducia nell’ignoto, capace di trasformare una caduta in una scoperta, perché la vita è un’esperienza tanto inconsapevole quanto impagabile.
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