L'opera fa parte di un ciclo intitolato War Games. Tecnicamente può intendersi come un ready-made, trattandosi di veri reperti bellici della Seconda Guerra Mondiale, non caricati. Originariamente, tali reperti furono usati per allestire un monumento ai caduti provvisorio in un borgo del viterbese che era stato distrutto da un'esplosione, conseguente al bombardamento di un treno nazista carico di armi. Questa è la storia delle bombe e il senso epico della distruzione è esattamente ciò che rappresentano. L'opera si pone quasi naturalmente in quell'archivio che va dalle scene di guerra dell'antichità agli archi di trionfo, dai quadri che raccontano battaglie di tutte le epoche fino ai monitor della guerra intelligente e alla perdita del senso di tragedia sottolineando il limite tra guerra vissuta e guerra raccontata. Salire sul podio come atto conclusivo di una gara sottende quella corsa agli armamenti che da sempre caratterizza la nostra ed ogni società “civile” impegnata nell'allestimento di eserciti e mezzi di distruzione. Sottolineare il paradosso di questo atteggiamento o proteggere una futura memoria con una certa dose di ironia è stata la mia intenzione nel pensare la struttura, proposta come relitto di ciò che di più drammatico rappresenta: l'arte della guerra. Con tutto il carico di orrore e devastazione, ma pur sempre arte. Gioco dove inevitabilmente si perde sempre.
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celeste,














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