La falsa coscienza, trovata nel peccato, come un becco di aquila martorierà le carni. Scheletri agghindati avranno la presunzione di essere perfetti compagni per feste danzanti e dopolavoro agonistici. Ma Eva ci ha liberato dall'asservimento al perverso gioco di un dio-giudice, giogo per menti deboli, pane per prigionieri autoesiliati, per donarci il gusto nostalgico per infantili ebbre melodie e febbri.
I neri rami dell'albero della conoscenza, nello specchio celeste a zig-zag come fulmini, sono le vene dei polsi di Dio. Lei sa ora cosa rimpiangere: non poter più essere acqua nell'acqua in quell'immenso cielo in cui la sua pelle di pesce solleciterebbe un tatto morboso, non poter più essere aria nell'aria in quell'alba tenue, respirata attraverso il fresco delle nubi disperse, non poter più essere terra nella terra in quell'isola germogliante e cieca e soffocata, né più essere fuoco nel fuoco in quell'esplosione di carne e nel piacere della deiezione di sogni attraverso sfinteri incontrollabili.
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