Moloch

Moloch

Pittura, Filosofia, Figura umana, Olio, 50x70x3cm
L'opera ritrae una figura femminile leggermente stilizzata che pur nella sua nudità non lascia trasparire nessun connotato fisico che possa alludere o richiamare sensazioni di sensualità o sessualità.
La cornice celeste, totalmente priva di consistenza o appigli alla realtà materiale, è una metafora aulica del limbo nel quale il soggetto dimora.
Il volto senza tratti fissa lo spettatore, lo trapassa quasi, ne scava l'animo interrogandolo. E' uno sguardo da cui non si sfugge.
L'assenza dei tratti somatici del volto rappresenta una sorta di ponte per una dimensione parallela dell'universo e dell'anima. L'ovale del volto con le sue spigolature è l'unica forma riconoscibile che allude alla curvatura assoluta dello spazio-tempo, una bulimia di materia circostante nel quale il tempo si arresta sulla superficie sferica, e che funge da filtro per intrappolare ed inibire le emozioni.
Un'implosione metafisica e spirituale.
Riallacciandosi, come suggerisce il titolo stesso dell'opera, alla controversa figura mitologica del Moloch. Una sorta di mostro siderale di natura divina ma dai connotati tutti umani. Le cui origini sono contese da varie civiltà e tradizioni religiose, dagli egizi ai fenici, dagli ebrei ai cananei, dai greci all'Africa e tutto il Medio Oriente giungendo fino alla nostra cultura Occidentale, ma la cui figura ricorre coerentemente come l'angelo decaduto portatore di conoscenza (una sorta di Prometeo) o il fautore di protezione per l'uomo e l'intermediario per il mondo celeste, come il colore dello sfondo dell'opera. Un ponte attraverso il quale accedere alla sfera divina, attraverso un gravoso sacrificio, quello dei propri figli (ricollegandolo così alla figura creatrice e al tempo stesso distruttrice di Kronos).
Nel libro di Enoch viene narrato di Moloch (o Molok) come il rappresentante degli angeli decaduti detti vigilanti/custodi, i quali scelsero di scendere sulla terra per conoscere e amare i loro fratelli mortali e che incorsero per questo nella terribile punizione che li relegò eternamente sulla terra nelle profondità sconosciute di un deserto, ove dimorarono senza gloria e senza nome.
Poiché il nome è da sempre inteso come l'identificativo attraverso il quale ci si impossessa e si dispone della propria identità e personalità, l'essere costretto a privarsi dell'appellativo che costituisce la propria identità facendolo raffigurare come l'essere senza volto, la negazione dell'essere.
Il suo sacrificio tuttavia permise agli uomini di attingere a lui sia come ponte per il mondo divino sia per assorbirne conoscenza. Fu lui a istruire l'uomo sulle scienze e le arti. Seguendo questa scia l'opera si propone anche di omaggiare le scienze e le arti che sono la massima espressione culturale ed evolutiva umana incarnandole nella figura allegorica del Moloch, nei tratti femminili detentori di fertilità e prosperità.

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