L'incompresa

L'incompresa

Pittura, Emozione, Acrilico, 80x120cm
L’artista esprime una serie di emozioni vissute mettendo in scena un viaggio nell’introspezione psicologica del disagio interiore umano. Sente e vive un’anima lacerata, guarda dentro di sé per comprendere ed inizia un processo di riflessione che va dalla considerazione della propria personale infelicità al riconoscimento dell’infelicità come cifra costante nella storia di tutti gli esseri umani. La bellezza del corpo nella sua nudità reale, spoglia dei vincoli di un atteggiamento studiato e disfatto dal caos indelebile della sua anima, è immersa, senza integrarsi con essa , al fine di marcare quel senso di amarezza e di impotenza nel sentirsi non accettati, non compresi, in una natura, che nella sua materica animosità raffigurata dal contrasto caldo/freddo blu/rosso, ritrova gli elementi essenziali di una natura irruente e maligna che fa percepire il baratro della disperazione e del fallimento tout court. Quella stessa natura di cui parlava Leopardi nel 1826 “Anche in un giardino, il nostro sguardo incontra la sofferenza: la rosa è offesa dal sole, il giglio succhiato da un’ape…la gioia che spira dai giardini non è reale: reale è la tristezza di tanto dolore. Per tutti sarebbe meglio non essere, che essere”. In quest’opera ritroviamo proprio quel giardino, il verde in basso, dove “un giglio viene succhiato da un’ape”, infatti una grossa macchia di colore rosso dalle sembianze di un fiore infrange dal basso verso l’alto, creando un’onda bloccata in una determinata condizione di moto. Un giglio dimesso, quasi non si regge più in piedi; tuttavia non si arrende, il moto verso l’alto delinea una profonda aspirazione a rialzarsi, a vivere. E’ l’anima tormentata, squarciata dalla gelida silhouette blu di un corpo femminile quasi informe, ossuto, provato, testimone di un’esistenza abbandonata dal mondo, segnata da quel viso che si perde nell’incavo della spalla, che si annienta nell’arcuata volontà di isolamento del corpo ritratto su stesso, in una mobilità che allude ad un prendere fiato per fare spazio ad una intima osservazione della propria anima, della propria interiorità quale unica speranza di una possibile gaiezza. Si percepisce la stessa freddezza e tristezza dei personaggi della “Vita” di Picasso, i cui corpi sono sprofondati ed avvolti sempre più nella malinconia e nell’esigenza di interiorizzazione. La composizione è quasi surreale, la superficie increspata, il colore blu rende l’atmosfera cupa, malinconica; il corpo ripiegato su se stesso e il braccio proteso, forse invischiato nella presa di una possibile fuga, rende il dualismo tra la mancanza di desiderio di vivere e il possesso della vita, vita/morte, bene/male, la lotta costante tra il sacro e il profano nella vita e nell’essere di Airin, quale costruttrice/distruttrice., che mette a nudo il proprio inconscio attraverso il pathos del suo corpo e la malinconia interna e dello spazio circostante realizzato con un rosso sanguigno e dei bruni tenebrosi. Quelle pennellate di blu e rosso sulla schiena sono segni che contorcono la materia/colore assumendo una carica emozionale che denuncia il dolore di un’anima alla deriva.

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