Biografia

L’unicum e il suo doppio.


....Parlare di vicinanza all’astrattismo concreto a proposito della produzione di Manuela Cerolini sarebbe immediato, di facile soluzione, non fosse altro per la propria capacità di praticare un’arte ancora in grado di attrarre lo sguardo, stimolare una riflessione gratuita; dove la rintracciabilità del reale si perde nel vagare inquieto e nomade della mano.

E’ necessario scendere sotto la superficie.

Rompere il diaframma, la tensione superficiale dell’impatto visivo, che vuole nascondere alla comprensione l’inevitabile compulsione a “parlare di se”, dalla matrice e dai suoi altrettanto inevitabili “doppi”.
In un percorso retrogrado, la germinazione narrativa della “serie”, nelle sue tante diverse storie, tradisce naturalmente la scaturigine dall’ ”unicum” segnico, parlandoci di una sorta di “felicità” reinterpretativa, ma invita nel contempo alla ricerca di un’ulteriore primordialità, del gesto pittorico “in nuce”.
L’opera della Cerolini prende l’avvio come atto poietico totale e totalizzante.
Esiste e pulsa infatti, sotto lo strato materico di ogni lastra, il gesto atavico di un faber scrupolosamente attento nel rispettare i gesti misurati del processo calcografico; delle maniere per realizzare il segno sulla lastra, delle morsure, dell’inchiostratura e della stampa.
La mano crea l’ “unicum”, ma esso non genera la sola serie, non si clona.
Si reinventa.
Mediante un intervento di “spellatura” (skinning), le stampe vengono rimosse dal supporto cartaceo e incollate su tela, per poi essere interpretate sulla base della loro casualità: spezzate, frantumate, sovrapposte, per aprire il campo allo sfogo cromatico dell’intervento pittorico, creatore a propria volta di ulteriori “matrici”.
Il processo autonimico è compiuto, ma non si dona che alla riflessione, lasciando invece alla percezione la propria emozionalità, libera com’è di accogliere sempre nuove provocazioni estetiche.